Il Sanremo delle Donne

Roma, 28 gennaio 2020

di Luciano Vanni

Sarò anche stato fortunato, ma la rappresentazione della donna nella mia vita è diametralmente diversa da quella esposta da Sanremo, dalla Chiesa Cattolica, dalla pubblicità, dalla politica, dalla tv e dalla cronaca: cioè, intendo dire, non trovo nessuna rappresentazione più distante dalla realtà di quella che la nostra società offre dell’immaginario della donna.

Breve sintesi della mia vita: mia madre, casalinga, nel corso della sua vita, ha gestito e coordinato gli affetti domestici, ha fatto le scelte strategiche sul fronte educativo dei figli, ha gestito il patrimonio familiare [mio padre si è sempre fidato, per fortuna, di lei], ha condotto le scelte strategiche della famiglia, ha costruito relazioni e ha contribuito a determinare il nostro stile di vita. Mia nonna materna aveva un carattere incredibilmente dominante ma al tempo stesso sensibile, e sapeva far tutto: così come il 99% delle nonne, delle madri e delle mogli che ho incontrato nella mia vita.

Poi c’è il mio rapporto con le donne. Da quando ho scoperto il fascino di una donna che non fosse mia madre, come tutti, ho vissuto la stagione dell’adolescenza con l’ossessione della conquista e del sesso; così come la brutale verità della sconfitta, perché nel 100% dei casi ho ricevuto straordinari ‘due di picche’. Poi sono arrivate le prime fidanzatine, che hanno sempre coordinato e gestito i tempi, con autorevolezza, educazione e carattere: che ho lasciato e da cui sono stato lasciato, in un gioco di relazioni magari doloroso, ma comunque sia sereno e carico di affetto. Poi è arrivata mia moglie, che è diventata il player del tutto; e anche se il fascino della donna rimane, così come il piacere della conquista, perché innato in qualsiasi uomo, c’è il tema forte della famiglia, dei figli, della responsabilità, del bene, del progetto di vita condiviso e dell’amore [che è un sentimento diverso e complementare a quello della passione, della seduzione, dell’eccitazione e della conquista erotica].

Premesso che una storia come quella del sottoscritto trovo che sia nella media di quelle vissute da altri, trovo incredibile come ancora oggi venga raccontata e promossa un’idea di donna così lontana dal vero. La donna di Sanremo e della TV, quella da sfilata e perché bella [ma perché?], quella invitata perché compagna o moglie “di qualcuno famoso”. La donna delle canzoni trap [troia, succhia, etc.], peraltro ascoltate anche da ragazze [?], e le donne oggetto [i culi che fanno vendere]. E poi ci sono i gruppi whatsapp, quelli dove al 100% siamo solo uomini: inondazioni di sperma, membri giganti, sottomissioni di donne, etc.

Insomma, mi sa che c’è qualcosa che non torna. Ma non torna ovunque, tra uomini e donne, tra realtà e finzione, tra politica [vince la candidata in Calabria, Jole, che ha riso quando Berlusconi le ha detto personalmente che non l’ha data per anni!] e Chiesa cattolica [dove la donna è suorina, priva di assoluta rappresentanza e personalità, ma solo di servizio], per non parlare delle altre religioni che hanno come primo desiderio quello di coprirla e renderla vuoto che cammina. E poi c’è la tv, tra vallette e presentatrici avvenenti, anche nel calcio, con seni più grandi del pallone.

Vi prego usciamone fuori da questa rappresentazione da fantascienza, perché la realtà è un’altra. È quella di Elly Schlein, che ha posto a Salvini quelle domande che nessun uomo ha avuto il coraggio di fare; è quella di Liliana Segre, testimone orgogliosa; è quella dell’artista curda Zehra Doğan, condannata a 2 anni 9 mesi e 22 giorni di prigione per aver disegnato l’assedio delle forze di Erdoğan a Nusaybin; è quella delle tante mamme che quotidianamente lavorano, fanno affari, fanno milioni di scelte contemporaneamente e si prendono cura dell’educazione dei nostri figli; è quella delle tante bambine o adulte che dimostrano un coraggio, una cultura, una capacità e una forza intellettuale che dovrebbero essere al centro delle notizie.

Chiudo con quel genio di Junior Cally.

Fosse per me, certo che lo farei esibire a Sanremo. Lo metterei all’ora di punta, alle 21.00, di sabato sera. Lui e l’amico Sfera Ebbasta, che fanno della misoginia il loro culto («Hey tipa, vogliono un cazzo che non ride, sono scorcia-troie, siete facili, vi finisco subito»). Li farei esibire e cantare, certo, ma mettendo in prima fila, e anche sul palco, solo donne, imprenditrici, scienziate, lavoratrici, medici, sindache, avvocatesse, bambine, nonne, madri. Vorrei vedere Junior Cally, Sfera Ebbasta e amici loro dire quelle cose direttamente a donne che non sono state pagate per fare videoclip in giarrettiera. E poi vorrei aprire un piccolo dialogo aperto, tra Junior Cally, Sfera Ebbasta e quelle ragazze e quelle donne. Sarebbe la migliore rappresentazione del vero, e la fine del loro culto.

ps_ se l’uomo avesse dovuto partorire, diciamocela tutta, ci saremmo estinti prima delle incisioni rupestri.